Mens sana in corpore sano (Giovenale, Satire, X, 356)

“Io ho un corpo”. “Io sono un corpo”. Tali espressioni linguistiche differiscono solamente per il verbo utilizzato: avere ed essere.

La prima pone enfasi sul concetto di rappresentazione corporea, che coincide con un determinato modello sociale e culturale; la disciplina antropologica ritiene che la corporeità della persona umana non sia un fatto naturale e oggettivo ma costruito e culturalmente condizionato [Mauss, 1936]. La medicina, che storicamente e filosoficamente [nota 1] fonda le sue radici nel riduzionismo e nel meccanicismo, considerava il corpo come una macchina e la malattia il suo guasto.

Questa concezione è propria del modello biomedico [nota 2], superato attualmente (anche se non completamente) dal modello bio-psico-sociale: il corpo non è un prodotto esclusivamente fisico, ma anche ambientale [nota 3] e psicologico. Secondo questa prospettiva, la nozione di corpo (e di malattia) nasce dall’interazione circolare tra differenti elementi secondo una prospettiva olistica: non è perciò possibile ridurre l’essere umano alla sola componente fisica. La stessa L’OMS [nota 4] ha definito la salute come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”, e non come assenza di malattia.

Le dimensioni della malattia possono essere ricondotte a tre termini [Kleinman, 1978; Young, 1982]:

  • disease [nota 5];
  • sickness [nota 6];
  • illness.

Nel modello biomedico rientrano le prime 2 dimensioni (disease e sickness), perché considerano il corpo come una macchina e la malattia come un suo guasto; la dimensione illness, invece, è direttamente connessa con il modello bio-psico-sociale e con la seconda proposizione enunciata ad inizio di questa breve analisi: “Io sono un corpo”.

L’esperienza soggettiva della corporeità è indispensabile per attribuire senso e significato all’esistenza. Il corpo è il mezzo tramite cui la persona fa esperienza del mondo e lo traduce [nota 7], espletando una mediazione corporea. Quando subentra la malattia nella vita di un individuo, essa provoca una rottura biografica (Bury, 1982): una ferita simbolica che rivoluziona ogni aspetto della biografia del malato.

La patologia ha risvolti psicologici, emotivi e sociali: il paziente [nota 8] perde la propria identità (nella maggior parte degli studi qualitativi, figura “loss” – perdita – come termine preponderante in quest’ambito) ed intraprende un percorso interiore di ricostruzione del sé e della traiettoria dell’esistenza, in correlazione agli input esterni (famiglia, ospedalizzazione, sospensione momentanea o definitiva dall’attività lavorativa, ecc.). Tale fenomeno è aggravato maggiormente nel momento stesso in cui il corpo fisico subisce delle modificazioni a causa della patologia stessa o dei trattamenti farmacologici o chirurgici.

La ferita da ente simbolico diviene reale, empirica e visibile al mondo: essa contribuisce ed arricchisce a sua volta il panel di simbolismi che il malato elabora inconsciamente rispetto al vissuto di malattia e legittima la società (intesa come popolazione generale e healthcare providers) ad attribuirgli le vesti di malato in un’ottica paternalistica [nota 9]. Negli ultimi anni si è sviluppato un filone di studio in merito al tema “body image” o immagine corporea. La produzione scientifica è attualmente imponente:

  • si occupa di diversi ambiti di studio tra i quali la psicologia, specificatamente la psicometria [nota 10], l’antropologia, la sociologia, la filosofia e la medicina (numerose sono le pubblicazioni nel campo oncologico, in particolare la senologia);
  • analizza eterogenei eventi della vita umana (corporeità nell’individuo sano, nell’individuo malato, nell’adolescente, nell’anziano, durante la gravidanza, ecc.);
  • indaga fattori biologici e socialmente determinati quali premessa all’immagine corporea (genere, etnia, ricchezza, povertà, ecc.).

In neurochirurgica ciò che è stato descritto assume peculiare rilevanza poiché:

  1. il viso, la testa ed il collo sono direttamente coinvolti nell’interazione sociale;
  2. i disturbi endocrino-metabolici connessi alla patologia (es. malattia di Cushing dovuta ad adenoma ipofisario) ed i trattamenti (radioterapia, chemioterapia, steroidi e terapia anti-epilettica)  possono generare cambiamenti corporei imponenti (tra cui l’aumento/perdita di peso);
  3. la  malattia neurochirurgica (cranica e spinale) può palesarsi con deficit motori e sensitivi ai quattro arti o dei nervi cranici;
  4. l’intervento neurochirurgico non è privo di rischi: la compromissione di alcune funzioni corporee rientra tra questi;
  5. la patologia cerebrale di  interesse neurochirurgico può determinare alterazioni cognitive e disturbi psichici che si riflettono sulla percezione dell’immagine corporea, come ad esempio nell’eminegligenza [nota 11];
  6. la popolazione  generale dispone di un’idea altamente stereotipata e distorta della persona con patologia  “neurochirurgica” attribuendole uno stigma sociale tipico delle persone con malattia psichiatrica: quello dei “matti” [nota 12].

Per le ragioni elencate, sarebbe utile e necessario affrontare l’argomento “body image” nella disciplina neurochirurgica per l’elevato impatto che ha sulla qualità di vita, sulla sessualità, sulla famiglia/partner e sull’inclusione sociale [nota 13]. Attualmente esistono pochi studi autorevoli pubblicati su riviste indicizzate, la maggior parte dei quali di tipo descrittivo/di prevalenza e sviluppati nel settore neuro-oncologico, escludendo traumi cranici, emorragie, ematomi e patologia spinale. Rare sono le proposte di intervento con lo scopo di preservare e sostenere l’immagine corporea: solitamente si invita ad impiegare tecniche chirurgiche d’avanguardia per minimizzare l’impatto estetico o ad evitare la rasatura completa dei capelli (tricotomia).

Nella parte seconda di questa riflessione (che sarà pubblicata nel prossimo numero di “Ombre Svelate” a partire dal 15 marzo 2021), si cercherà di proporre soluzioni che possano:

  • dare voce all’esperienza ed al vissuto dei pazienti neurochirurgici in merito alla percezione della propria immagine corporea;
  • individuare i possibili interventi applicabili in neurochirurgia sulla base di progetti/studi nati in altri contesti, come la Breast Unit;
  • infondere maggiore consapevolezza nella popolazione generale e specifica sanitaria.

Note dell’Autrice: 1 – Il filosofo Renè Descartes nel “Discorso sul metodo” introduce ontologicamente i concetti di res cogitans e di res extensa, avviando inconsapevolmente approcci puramente riduzionisti nell’ambito della medicina: il corpo è materia, scollegato dalla psiche, e la malattia è alterazione dei processi biologici correlati alla materia (meccanicismo). 2 – Modello lineare, reputa la malattia come manifestazione oggettiva, ripetibile e generalizzabile attraverso categorie; i professionisti della salute sono gli unici portatori di sapere nella relazione operatore sanitario-paziente. 3 – Fisico, sociale, culturale ed economico. 4 – Organizzazione Mondiale della Sanità. 5 – Definizione biomedica: condizione patologica, identificata da diagnosi oggettiva. 6 – Malattia percepita e gestita dal contesto socioculturale. 7 – Per approfondimenti: Edmund Husserl, “Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica” (1913); Maurice Merleau-Ponty, “Fenomenologia della percezione” (1945). 8 – Il termine “paziente” rappresenta una prerogativa sociale allo status di malato: quando la “persona” diventa “paziente” a seguito della comunicazione della diagnosi da parte del medico (l’esperto in materia) avviene la trasformazione o (meglio) il rito di passaggio mediante il quale la società attribuisce lo stigma di malato all’individuo e la persona riconosce di non essere più la stessa ma una personalità nuova, senza precedenti, nata per accidente (Malabou, 2019). 9 – Per approfondimenti: Nigris, Cozzi, “Gesti di cura, elementi di metodologia della ricerca etnografica e di analisi antropologica per il nursing” (1996); secondo le autrici intorno al concetto di malattia si svilupperebbero dei meccanismi di potere che determinerebbero uno stato di ineguaglianza sociale. 10 – In letteratura sono presenti molte scale validate volte a misurare la percezione dell’immagine corporea. In ambito neurochirurgico sono assenti studi specifici. 11 – Più frequente dopo lesioni dell’emisfero destro, consiste in una diminuita risposta agli stimoli presenti nell’emispazio controlaterale. 12 – In psichiatria largamente trattato negli studi, mentre in neurochirurgia non è presente nessuno studio. 13 – KK Manier et al., “The impact and incidence of altered body image in patients with head and neck tumors: a systematic review”, Neuro-Oncology Practice, 2018, 5(4), 204–213.

Ombre Svelate ringrazia Jessica Astori, autrice del presente articolo e promotrice del progetto Body Image in ambito Neurochirurgico.

Aspetti Fisici ed Estetici hanno un significativo impatto sulla Vita dei Pazienti ed incidono sul Decorso della loro Malattia. La Redazione di Ombre Svelate si augura che gli sforzi di Jessica e dei professionisti che lavorano con Lei possano aiutare a migliorare l’Assistenza al Malato, attraverso una visione olistica e non meccanicistica della patologia.

AIRNO spera di poter contribuire alla ricerca nell’ambito della cosmetica oncologica, anche grazie alla collaborazione con ONCOS, azienda bresciana impegnata in questo settore.

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