Il Mondo è a Colori, ma la Realtà è in Bianco e Nero (Wim Wenders)

Immagina come sarebbe poter essere curato in un luogo che rispecchi esattamente i desideri della persona…
Quando pensiamo all’ambito ospedaliero subito ci balzano alla mente letti, pareti, ambienti dal tipico colore bianco che per antonomasia rispecchia il significato di “pulito, asettico”. Allo stesso tempo però suscita una sensazione di freddo, di distacco, quasi di solitudine.
Negli ultimi anni l’importanza e l’interesse verso l’aspetto ambientale e l’impatto che quest’ultimo ha e può avere sul percorso di cura della persona si è evinto non solo da molteplici progetti che hanno apportato modifiche strutturali in numerosi setting sanitari nel mondo, ma anche attraverso numerosi studi condotti dallo stesso Ministero della Salute.

Parliamo di umanizzazione degli spazi di cura, partendo dalle esigenze del paziente e del personale operante poiché entrambi ne vengono influenzati positivamente o negativamente. È noto come i luoghi possono influire sulla salute delle persone producendo benessere o angoscia e influenzando di conseguenza autostima, sicurezza e identità personale (Evans & McCoy, 1998).

Già nel 1986 l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva definito la salute come uno stato di benessere che deriva dall’equilibrio tra fattori fisici, psichici sociali e ambientali. In quest’ottica il perfezionamento degli ambienti di cura rappresenta un argomento di crescente interesse sia scientifico che clinico e molti sono i campi di applicazione che necessitano di essere considerati in modo adeguato. Il fulcro del processo terapeutico assistenziale non è costituito solo dalla malattia da curare, quanto piuttosto dall’individuo che deve essere considerato in chiave olistica come portatore di esigenze, emozioni e necessità particolari ed uniche. Assumono quindi un valore rilevante le misure organizzative e gestionali che devono avere l’obiettivo di rendere meno traumatici e il più possibile confortevoli i ricoveri.

L’umanizzazione ospedaliera non può prescindere da una profonda rivalutazione dell’ambiente fisico e spaziale, sia come tramite delle azioni e relazioni umane, sia come fattore che influenza il modo di vivere l’esperienza ospedaliera.

Il benessere psico emotivo può essere declinato come la necessità nonché l’esigenza di intimità, che corrisponde al bisogno di poter anche non essere guardati né ascoltati; talvolta il bisogno di riflessione e raccoglimento si alterna a quello di interazione sociale. La possibilità di creare continuità con l’ambiente domestico riduce il senso di estraneità e diffidenza verso il contesto ospedaliero, garantendo il mantenimento della propria dimensione temporale; anche potersi distrarre può alleviare lo stress. La salute psico-fisica passa infine dalla possibilità di evitare il contatto con pazienti morenti, nonché dall’opportunità di poter mantenere la propria identità culturale nel setting ospedaliero.

Il benessere ambientale, inteso come insieme delle condizioni che garantiscono il benessere fisico e sensoriale degli utenti, tiene conto e tenta di contrastare quei fattori, detti “stressori” ambientali“, che influenzano negativamente il comfort psico fisico e sensoriale e diventano fonte di stress per gli utenti. Favorire il benessere ambientale in un contesto ospedaliero significa promuovere quindi il benessere acustico, termico, visivo, olfattivo e tattile.

L’obiettivo prioritario rimane sempre quello della qualità dell’assistenza sanitaria.

La ricerca scientifica internazionale non considera lo spazio sanitario soltanto in relazione alla sua funzione primaria di cura della malattia; il suo ruolo è esteso al più ampio obiettivo di miglioramento delle condizioni di benessere dei pazienti, ma anche del personale. È infatti diffusa la consapevolezza dell’esistenza di una connessione diretta fra le caratteristiche dello spazio, la qualità delle cure e l’efficacia del servizio erogato. Sviluppare progetti che si basino su conoscenze che abbiano a cuore le richieste di umanizzazione può avere effetti positivi anche sull’outcome dei pazienti in termini di esiti clinici. Numerosi studi hanno dimostrato che il modo in cui il paziente ed i familiari percepiscono l’esperienza della malattia è influenzato sia da fattori clinici, medici e professionali, sia da elementi riferibili ad ambiti diversi da quelli strettamente biologici, quali quelli della comunicazione e delle caratteristiche dell’ambiente fisico.

L’umanizzazione degli spazi di cura deve quindi essere intesa come l’interpretazione dei bisogni psico sensoriali dell’utenza, in prima istanza i pazienti, ma anche di chi si prende cura dei pazienti.

Il colore, ad esempio non è un semplice fattore estetico o un elemento puramente decorativo; la sua funzione ha implicazioni emotive e psicologiche. Un intervento cromatico deve essere studiato ad hoc poiché può assumere un potere terapeutico supplementare: contrasta la depressione, riduce lo sconforto, stimola una visione rassicurante e serena spostando l’attenzione della persona dalla malattia. Alcuni studi hanno dimostrato che un ambiente gradevole e confortevole influenza positivamente anche alcuni parametri biologici. Questi effetti positivi si riflettono anche sul personale sanitario e non, che si mostrerà più motivato e disponibile al lavoro.

La camera di degenza, spazio privato per eccellenza per ogni paziente ricoverato, diventa spesso sede unica di permanenza per tempi prolungati, soprattutto se la persona presenta patologie che lo costringono perennemente a letto o addirittura in posizioni obbligate (supino, decubito laterale, prono). Sono consigliati colori tenui che richiamano le sfumature della natura (cielo, acqua, sole, prati) che, grazie agli effetti emozionali che generano, inducono sensazioni di pace, energia e riflessione.

I pazienti ricoverati in stanze con vista su scenari naturali abbiano una degenza più breve (Ulrich, 1984), ridotte necessità di analgesici e meno complicanze post-chirurgiche; inoltre, si può anche assistere ad una riduzione dei disturbi del sonno. Elementi quali dipinti e la diffusione di musica e aromi hanno un potere antidolorifico, migliorano la respirazione, regolarizzano il battito cardiaco e hanno un effetto sulla diminuzione della pressione sanguigna. In questo contesto i pazienti si mostrano spesso più complianti verso le pratiche assistenziali, migliorando di conseguenza anche l’outcome.

Il tipico ambiente total white, che purtroppo ancora oggi risulta presente in molti ospedali italiani, risulta riflettente, asettico, dispersivo, disorienta, crea barriere visive e diffidenza. Il colore è un efficace linguaggio di comunicazione: suscita sensazioni, fornisce informazioni, identifica le aree e delinea i percorsi, condiziona gli stati d’animo ed influenza le relazioni valorizzando la qualità dell’offerta. Delineare con un colore la postazione del letto della persona, per esempio, richiama un senso di privacy, di sicurezza, di spazio privato nonostante la maggior parte delle volte la stanza sia condivisa con altri degenti.

L’ospedalizzazione è già di per sé un momento critico per il paziente, poter regalare attraverso l’ambiente la sensazione di familiarità, di calore e stimolare attraverso i sensi umani emozioni, porterà solo effetti positivi anche nel lungo termine. Un’altra caratteristica ambientale indagata è la luce naturale, da preferire a quella artificiale poiché conferisce agli ambienti un aspetto più caldo e accogliente con ricadute positive sull’umore.

Iniziamo quindi a pensare a colori!

La persona della quale ci prendiamo cura entra in ospedale con un’anima monocromatica, con il desiderio di vedere e di riprendere la propria vita in mano. Una vita fatta di luce e di tante aspettative. Sicuramente non sarà il colore delle pareti o del letto dell’ospedale che curerà la sua malattia, ma lo aiuterà a curare le proprie emozioni e lo stato d’animo che sarà suo fedele compagno durante tutto il percorso ospedaliero.

Il nostro impegno futuro, a dimostrazione di quanto anche noi crediamo in ciò di cui avete letto fino ad ora, abbraccia il desiderio di rendere più confortevole il reparto di Neurochirurgia dell’ASST Spedali Civili di Brescia. Il primo passo lo abbiamo fatto insieme e grazie ai medici che stanno lavorando con noi al fine di poter strutturare quanto prima un locale dedicato e appositamente progettato per accogliere pazienti e familiari durante i colloqui previsti dal percorso diagnostico terapeutico.

Un ringraziamento speciale e doveroso va anche al Dottor Antonio Pianelli (Ortopedico Traumatologo degli Spedali Civili): appassionato d’arte, ha dipinto, con una sensibilità straordinaria, la tela che accompagna questo articolo e che sarà appesa in questa stanza che vorremmo sia luogo, per quanto possibile, sereno e confortevole.

A voi la parola: quali sensazioni ed emozioni vi evoca?

Opera del Dr Pianelli Antonio – Ortopedia, Spedali Civili di Brescia

Letture Consigliate:

  • Ulrich, R. S., Gilpin, L., Healing arts: Nutrition for the soul, in: Frampton, S. B., Gilpin, L., Charmel, P. A., “Putting patients first: Designing and practicing patient-centered care”, John Wiley & Sons, San Francisco (CA) 2003, pp. 117-146.
  • Fornara F., Bonnes M., Bonaiuto M., “Perceived hospital environment quality indicators: A comparison among general surgery units” Psicologia della Salute · January 2012.
  • Bosia D., Darvo G., “Le linee guida per l’umanizzazione degli spazi di cura”, 2015 Firenze University Press Del Nord R., Marino D., Peretti G., “L’umanizzazione degli spazi di cura: una ricerca svolta per il Ministero della Salute italiano”, 2015 Firenze University Press.
Ombre Svelate ringrazia Elena Loda e Lorena Ceglie per l’importante contributo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *