Accettare

Le emozioni dolorose e difficili sono faticose da gestire, tanto che a volte si preferirebbe evitarle. Esistono diversi modi con cui si cerca di evitare le emozioni difficili: uno di queste è non pensarci, cercare di distrarsi, di estraniarsi per non sentirle; un’altra modalità potrebbe essere quella di “mettersi una corazza”, chiudersi in sé stessi, isolarsi, sentirsi distaccati dai propri cari; in altri casi ancora si rimane bloccati in un continuo rimuginio di pensieri, spesso negativi, orientati sul futuro (ad esempio “Cosa mi succederà?”, “Riuscirò a stare meglio?”)  o, altrimenti, nella ruminazione, che consiste nel rimettere continuamente in scena i ricordi negativi (“Non è giusto che …”, “Se solo…”, “Quello che è successo è troppo difficile, non posso accettarlo”).

Con questi meccanismi si tende a “simulare” nella propria mente il peggio, focalizzandosi su scenari di fallimento, inadeguatezza, sofferenza; in questo modo la mente cerca di prepararci ad affrontare le temute avversità. In realtà, ciò che avviene è che questo pessimismo aumenta lo stress, diminuisce l’energia mentale, abbassa l’umore. Queste difese sono naturali; tuttavia, esse richiedono molta energia ed hanno un alto costo, in quanto non consentono di elaborare le emozioni difficili. Possono dare un certo sollievo nell’immediato, ma risultano improduttive sul lungo periodo, in quanto aumentano ansia e stress, diminuiscono la qualità delle relazioni e in generale il benessere soggettivo.

Le emozioni più frequentemente sperimentate dai pazienti sono legate, in un primo momento, all’ospedalizzazione e all’intervento chirurgico; successivamente, riguardano principalmente il proprio stato di salute e la percezione di una nuova immagine di sé.

Alcuni esempi di emozioni che si possono manifestare durante il percorso terapeutico sono: quelle collegate al passato (come ad esempio il ricordo dell’intervento); quelle collegate al futuro, i dubbi e i timori riguardo alla propria salute; quelle collegate ai cambiamenti del corpo; la paura del “Tornerò come prima?”; l’angoscia del “Non mi sento più io”; la rabbia del “Perché a me?”, “Tutte a me”; la vergogna del “Sono malato”.

Identificare questi pensieri e le relative emozioni associate, dare un nome a ciò che si pensa o si sente, permette di acquisire una maggiore consapevolezza e, quindi, di essere più capaci di riconoscerle e gestirle in modo efficace.