In un silenzio
fragoroso e scuro
le parole sognate.
Ad Antonia Pozzi e a tutte le donne che per decisioni altrui non hanno potuto elevare la propria voce (Simonetta Fantoni).
Non è facile raccontare la vita di una ragazza, nata in una famiglia lombarda altolocata, ricca, brillante, sensibile, colta, con l’indole della Poesia e della fotografia, l’amore per la montagna, i viaggi ed Antonio Maria Cervi, suo professore di greco e latino al liceo, che incarna il sogno di una vita piena. Antonia, ben vista dagli intellettuali dell’epoca, probabilmente aveva una strada spianata per distinguersi ma, l’amore per AMC e il loro bambino ipotetico, furono il fulcro della sua breve vita e delle sue poesie.
Ostacolata dalla famiglia che la voleva sposa ad un uomo ben più importante di un semplice professore, Antonia sembrò accettare questa separazione e la rinuncia ad una vita completa come si può leggere nell’evolversi della sua opera poetica, ma in un freddo giorno di dicembre del 1938 si tolse la vita. Aveva 26 anni e ci ha lasciato molte poesie e lettere a testimonianza del suo ricco mondo interiore. Il padre pubblicò le poesie, previa censura, un anno dopo. Fortunatamente i suoi testi integrali grazie ad Eugenio Montale vennero pubblicati da Garzanti (suggerisco di approfondire Antonia nell’edizione di Garzanti: Parole. In quella di Luca Sassella editore: Poesia che mi guardi e l’omonimo film di Marina Spada).
Ho scelto per voi tre liriche che mi paiono interessanti per approcciarsi al suo sguardo.
Ringrazio Donatella Saiani e Gianpietro Del Bono per le immagini.
PAUSA
Mi pareva che questa giornata
senza te
dovesse essere inquieta,
oscura. Invece è colma
di una strana dolcezza, che s’allarga
attraverso le ore –
forse com’è la terra
dopo uno scroscio,
che resta sola a bersi
l’acqua caduta
e a poco a poco
nelle profonde vene se ne sente
penetrata.
La gioia che ieri fu angoscia,
tempesta –
ora ritorna a brevi tonfi sul cuore,
come un mare placato:
al mite sole riapparso brillano,
come candidi doni,
le conchiglie che l’onda
lasciò sul lido.
CONFIDARE
Ho tanta fede in te. Mi sembra
che potrei aspettare la tua voce
in silenzio, per secoli
di oscurità.
Tu sai tutti i segreti,
come il sole:
potresti far fiorire
i gerani e la zàgara selvaggia
sul fondo delle cave
di pietra, delle prigioni
leggendarie.
Ho tanta fede in te. Son quieta
come l’arabo avvolto
nel barracano bianco
che ascolta Dio maturargli
l’orzo intorno alla casa.
GLI OCCHI DEL SOGNO
Tu mi dicevi:- Voglio
che il bambino abbia gli occhi come i tuoi-
Io mi toccavo le palpebre,
fissavo il cielo
per sentirmi lo sguardo
diventare più azzurro.
Tu mi dicevi:- Voglio
per questo
che tu non pianga –
Oh, per rispetto
di quello che fu tuo,
per amore
di quello che hai amato:
vedi, non piango –
vedi, i miei occhi – ancora
puri ed azzurri –
portano il raggio del sogno,
parlano ancora
di lui – con il cielo.