Ombre Svelate ha il piacere di ospitare Andrea Lesioli, giovane allevatore bresciano. Attraverso il Suo racconto andremo alla scoperta di un mondo poco conosciuto, custodito orgogliosamente da intere generazioni nello scrigno di Calvisano.

Ciao Andrea! Chi sei e di cosa ti occupi nella vita? Raccontaci un po’ di te…

Sono un ragazzo di 26 anni e attualmente lavoro nell’azienda agricola di mio padre, che a sua volta ha ereditato dalle cinque generazioni precedenti. Gestiamo, a livello familiare, un allevamento di qualche migliaio di animali, tra bovini e suini. Io personalmente mi occupo dei bovini, che nella nostra azienda, sono destinati alla produzione di carne.

Hai sempre desiderato fare questo lavoro oppure avevi altri progetti di vita?

Quando si è molto giovani si hanno sempre grandi progetti e numerose ambizioni. Da piccolo avrei voluto fare il poeta… poi sono passato alla pittura ed infine al canto. Trascorsa la fase “artistica” della mia vita, dopo la maturità avrei voluto iscrivermi alla facoltà di veterinaria, ma poi le cose sono andate diversamente. Curare e prendermi cura degli animali era il mio sogno nel cassetto, in fondo si avvicina molto a quello già che sto facendo. Ho sempre immaginato comunque, fin da ragazzo, una professione che mi permettesse di rimanere a contatto con la mia terra, la natura, l’ambiente in cui sono nato e cresciuto.

Ti consideri quindi un privilegiato a vivere a contatto con la natura e gli animali?

Privilegiato nel senso che vivo la natura a 360°, vedo ed apprezzo l’alternanza delle stagioni, il lavoro sotto i 40° d’estate, così come sotto la grandine, la neve o nella fitta nebbia degli inverni padani. La mia giornata è scandita dalle ore di sole… il contatto con gli animali poi, a mio avviso, aiuta ad apprezzare le fasi biologiche, ad allenare la pazienza, ad attendere il naturale ciclo degli eventi, aiuta a capire che non si può avere qualsiasi cosa in qualsiasi momento, concetto dilagante della cultura di massa e che purtroppo tende ad uniformare ed omogeneizzare, sia in senso temporale che spaziale, la nostra vita.

Tutto questo implica però anche il lato opposto della medaglia. Gli animali non conoscono week end o vacanze estive e molte volte questa professione richiede di rinunciare ad ogni confort, non solo in termini di logistica, ma anche in orari e festività. Mi piacerebbe avere un po’ più di tempo per me stesso e per i miei hobby.

Qual è la tua giornata tipo?

Sveglia all’alba (h 5.00, ndr), da lunedì alla domenica, colazione veloce con un caffè, poi subito ad occuparsi della “colazione” dei vitelli, dando loro il latte, per circa due ore. Alle 9 piccola pausa con nuova colazione abbondante (ho bisogno di molte energie…) e poi seconda parte della mattinata ad occuparsi delle manze… Pranzo alle 12,30 e poi alle 14 si riprende… nel pomeriggio le attività sono variabili e lavorare in un’azienda agricola implica tutta una serie di mansioni, tra cui saldare un’inferriata, assistere ad un parto, pulire i favi, ricevere i rappresentati, controllare le dispense alimentari, lavorare nei campi in vista della semina delle colture. Alle 17 poi nuovo turno per dare il latte ai vitellini.

A chi sono destinati gli animali che allevate? Per la grande distribuzione oppure rifornite anche al dettaglio, per esempio ristoranti, agriturismi, ecc …?

Fino a qualche decina di anni fa i destinatari erano macellerie e botteghe della zona. Purtroppo, ora le piccole botteghe sono una rarità… attualmente la nostra azienda fa parte del Consorzio Lombardo di Produttori Carne Bovina, una realtà nata nel 2015 con l’obiettivo di contrastare la crisi che colpisce da diversi anni il comparto dell’allevamento da carne in Italia. Oltre a numerosi allevatori lombardi, al consorzio aderiscono circa una quindicina di punti di macellazione e più di 40 punti vendita, in cui il consumatore può recarsi direttamente ed avere tracciabilità di tutta la filiera.

Quali sono gli standard di qualità ed i requisiti che vengono attualmente richiesti a chi alleva bovini in Italia?

Il Consorzio è regolamentato da uno Statuto e da un Disciplinare di Produzione, che impone una serie di normative in merito alla tracciabilità dei farmaci utilizzati sui capi bovini, al tempo di sospensione degli stessi, escludendo l’impiego di qualsiasi sostanza ormonale e l’utilizzo di grassi di origine animale nell’alimentazione dei bovini.

Prima della macellazione vengono effettuate a  campione analisi su fegato e reni a fine di verificare presenza di antibiotici od ormoni.

È presente inoltre un Disciplinare di Tracciabilità e di Etichettature, in cui sono obbligatorie tutta una serie di informazioni sull’animale, che vanno dal numero identificativo della marca auricolare del bovino al paese in cui è avvenuto l’ingrasso. Sono previste numerose attività di controllo in allevamento, svolte da tecnici qualificati, che verificano il rispetto delle norme previste dal disciplinare.

Anche ciò con cui nutriamo i nostri animali è un concetto di estrema importanza: le miscele di cui si nutrono le manze sono costituite da diversi ingredienti, per la maggior parte auto-prodotti in azienda stessa e ciascuno con proprietà nutrizionali specifiche. Il bilanciamento tra questi ingredienti è quasi un’arte che gli allevatori sviluppano con l’indispensabile supporto degli alimentaristi, dei veri e propri dietologi zootecnici.

Vi è inoltre un’ attenzione particolare a tutto ciò che è considerato benessere animale, non solo in riferimento allo stato di salute fisico ma soprattutto a quello psicologico dell’animale, definito e regolamentato da normative europee… questo perché la sicurezza della catena alimentare è indirettamente influenzata dal benessere degli animali, in particolare quelli allevati.

Questi requisiti sono presenti anche all’estero?

Sicuramente vi sono legislazioni Europee in tal senso, ma in Italia le normative sono molto più rigorose. La carne argentina o brasiliana per esempio non vieta l’utilizzo di ormoni. Il problema è che l’Italia ha una capacità di autoapprovigionamento delle carni bovine che supera di poco il 50 % (dati consultabili sul sito Dati – Bilanci di approvvigionamento) e quindi si trova costretta ad importare circa il 45 % della carne richiesta dal mercato.

Quali sono, se ne avete, le principali difficoltà della categoria degli allevatori in questo momento?

Sopravvivere alle grandi catene alimentari, alla grande distribuzione ed alle multinazionali. La difficoltà è rimanere a galla in un settore dove, complice anche la crisi di questo ultimo periodo, la concorrenza di prezzo rispetto alle grandi catene commerciali ed ai fast food è sicuramente a nostro svantaggio. Ma sicuramente si può mangiar carne di ottima qualità anche a prezzi accessibili, addirittura economici, magari sfruttando tagli meno conosciuti o meno richiesti. La valorizzazione dei tagli ritenuti meno pregiati permette di ottenere alimenti sani, a buon mercato e di ottima qualità.

Cosa consiglieresti di controllare, a chi acquista un pezzo di carne in negozio, o al supermercato? A cosa bisogna prestare particolare attenzione?

Prima di tutto leggere l’etichetta (in generale per qualsiasi alimento), in particolar modo il luogo di crescita e di macellazione dell’animale. Evitiamo il più possibile di acquistare carne al supermercato, rivolgiamoci piuttosto al macellaio di fiducia, chiediamogli consigli sui diversi metodi di cottura e sull’utilizzo di altri tagli dell’animale, non solo quelli più conosciuti… mangiamo consapevole e soprattutto prestiamo attenzione a cosa acquistiamo, con attenzione alla qualità, non solo al portafoglio…

In fondo alimentarci in maniera corretta e scegliere consapevolmente ciò che introduciamo nel nostro corpo, trovo sia un atto dovuto nei confronti di noi stessi, un modo per volerci bene ed un ottimo modo per far prevenzione; indipendentemente dalle scelte alimentari (vegana od onnivora) o dall’introito calorico, fare una spesa consapevole è un gesto di responsabilità.

Dal 2015 la IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro)  ha ufficialmente inserito le carni rosse lavorate (tutti i tipi di carne che subiscono una lavorazione con processi di salatura, affumicatura, stagionatura e che comprendono insaccati, wurstel, carne in scatola e carne essiccata) nel Gruppo 1, quella dei cancerogeni certi umani, in particolare per i tumori del colon-retto…* Secondo te il mercato della carne ne ha in qualche modo risentito negli ultimi anni?

Sicuramente notizie e pubblicazioni come quella sopra attraverso i media non hanno aiutato, in particolare le piccole realtà. La grande distribuzione non credo che ne abbia risentito… poi, anche non essendo un esperto medico o nutrizionista, credo che ogni notizia vada giustamente interpretata e adeguatamente approfondita: questi dati pongono l’attenzione su alcuni processi di conservazione o sulla presenza di prodotti di combustione, ma soprattutto sulla quantità di consumo di carne lavorata e processata…. Insomma…non credo che una bistecca di ottima qualità, una volta a settimana sia dannosa…

*Lo IARC stabilisce soltanto se una sostanza è con ragionevole certezza un cancerogeno, non paragona fra loro i cancerogeni per la loro potenza. La probabilità di ammalarsi dipende sia dalle quantità consumate, dall’intrinseco potere cancerogeno di tali sostanze, nonché dal tempo di esposizione a tali sostanze. Gli effetti citati sono effetti a lungo termine, e quindi vanno presi in considerazione in particolare per alcune categorie a rischio, come donne in gravidanza o bambini.

Che suggerimenti daresti infine al consumatore per conciliare un’alimentazione che comprenda anche carne ma con un occhio particolare alla salute, alla sostenibilità ambientale ed anche al benessere animale?

Tornare ad un modello di agricoltura e allevamento di sussistenza sarebbe la scelta forse più radicale, ma in questo momento storico non raggiungibile e sicuramente utopica. Le nuove generazioni sono sicuramente, rispetto alle precedenti, più improntate alla qualità e sostenibilità, anziché alla massimizzazione del profitto. Tutto ciò sta portando, a mio avviso ad una sempre maggior consapevolezza sia da parte di chi produce, sia da parte di chi consuma, anche se i passi da fare sono ancora enormi. Facciamo una spesa consapevole, ragionata, leggiamo le etichette ed acquistiamo il più possibile direttamente da produttore.

Progetti per il futuro?

Aprire un agriturismo… mi piacerebbe molto realizzare “un’oasi rurale”, in cui dare la possibilità di  rifugiarsi dal caos cittadino, in cui si possa osservare direttamente come si vive la vita in “fattoria”, magari anche attraverso una fattoria didattica, mostrare come si coltivano alcuni ortaggi, mettere a disposizione alcuni prodotti locali  e far assaggiare alcune delle prelibatezze prodotte.

Vorrei condividere l’armonico alternarsi delle stagioni con chi possa apprezzarne appieno il gusto e la sostanza. Immagino che se qualcuno delle lettrici o dei lettori volesse provare l’esperienza non tornerebbe più indietro.

Infine mi piacerebbe scrivere un libro di favole per bambini, per insegnar loro a riscoprire le bellezze della natura, ed offrire alla loro immaginazione qualcosa di diverso rispetto alla realtà virtuale in cui rischiano di rimanere intrappolati in un futuro non troppo lontano.

Ombre Svelate desidera ringraziare Andrea per la splendida intervista e per averci aperto una finestra sul suo mondo

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