Gennaio è il mese della lenta consapevolezza, ci si risveglia dai festeggiamenti di un Dicembre ricco di occasioni per essere leggeri come i fiocchi di neve. Questo è un Gennaio decisamente insolito per tutti. Mi fa venire in mente quello di alcuni anni fa, quando, per un leggero fastidio alla gola cominciai a eseguire esami che mi condussero poi ad essere operata per un carcinoma pluricentrico alla tiroide.
“Risvegli” è il racconto che scrissi mesi dopo:
Per qualche ora è stata accanto a me, ma non le chiesi nulla: inumidirmi le labbra o altro. Quando ho capito che avevo bisogno di fare pipì suonai il campanello e che fosse un infermiere ad infilarmi la padella sotto il sedere mi diede meno imbarazzo che se lo avesse fatto lei. Mi agitava saperla lì, mi dava fastidio sentire che mi teneva la mano. L’anestesia stava svaporando, il dolore cresceva di pari passo con la lucidità e la sua presenza mi sfiniva. Così era dunque: di fronte alla malattia, a ciò che da lì in poi poteva succedermi, nemmeno colei che mi aveva donato la vita poteva sollevarmi. Anzi, vivevo il suo starmi accanto come un’invasione. Ero sola, con un corpo che mi aveva tradito e un cielo che aveva chiuso gli occhi. Quella notte rimasi sveglia a cercare in qualche modo di sentire se Lui fosse ancora da qualche parte dentro me. A chiedermi se fossi pronta ad affrontarLo.
Ancora non avevo capito che si è sempre pronti. Non versai una lacrima, sopportai i disagi del dopo intervento senza lamentarmi. Il quarto giorno mi svegliai particolarmente stanca, dopo la toilette presi posto al tavolino per fare colazione con la mia compagna di stanza. C’era movimento nel corridoio, il carrello delle colazioni – caffè? latte? tè? – e una squadra del 118. Nella stanza attigua un uomo accusava dolori al petto. Il suo cuore risuonava per tutto il reparto. Io osservavo la scodella di latte, sentivo le membra informicate per l’ipocalcemia e ascoltavo quel cuore. Finché non cessò di battere.
La mia compagna mi esortò a mangiare. La squadra del 118 se ne andò contrita. L’uomo fu trasferito un una camera singola e il carrello delle colazioni continuò il suo percorso – caffè? latte? tè? – Allora finalmente, piansi.