Ogni 28 giorni, di lunedì, ho il mio appuntamento all’istituto del radio per la visita mensile e per il ritiro delle pastiglie di chemio-immunoterapia. All’inizio, dopo l’operazione, ci andavo accompagnata, considerato che non potevo guidare; a mia cognata (o alle amiche) faceva piacere esserci. Poi ho cominciato ad andare da sola in particolare per la questione COVID… Nessuno doveva correre il rischio di ammalarsi a causa mia.

Ho scoperto recentemente che il lunedì, al radio visitano le persone malate di cancro al cervello. Mi sconvolge il numero di pazienti con questa patologia. Tantissimi! Sto incrociando persone come me, comunque abili di muoversi da sole, ma altre, molte, con difficoltà pesanti, a volte sedute su una sedia a rotelle. La maggior parte non alza lo sguardo; poche ti guardano, ma la mascherina rende tutto più sterile, coprendo quel tono che l’espressione della bocca dona al viso. Ormai la mia filosofia, quando sono lì, è quella di stare in piedi; mi ritrovo a camminare come se non l’avessi fatto fino a quel momento. A volte mi sovviene un senso di colpa… nonostante tutto a me è ancora concessa l’autonomia.

Ieri, 5 febbraio, è stato il compleanno di mio zio, 75 anni. Non voglio ricordare lo stato in cui lo aveva ridotto la malattia, perché tornerei, quasi “violentemente”, a scrivere quanto detto sopra, entrando nei particolari…

Ma… I suoi pregi, il suo carattere, bypassando i difetti che, come ognuno di noi, anche Lui aveva, meritano di essere descritti, anche brevemente, quasi come se, in questo modo, riprendesse “forma” per stare fisicamente con noi.

Si era fatto da solo, lavorando di giorno e frequentando le scuole serali… Camminando da paese a paese di notte, quando perdeva la coincidenza della corriera. In casa dei nonni nessuna ricchezza, ci si doveva arrangiare. Laurea in un periodo che definirlo “brutto”, gli si fa ancora un complimento: mia madre, sua sorella, malata di cancro al seno… se ne è andata poco prima che Lui si laureasse, poco prima che Lui e la zia si sposassero.

Professionalmente uomo amato e stimato, forse uno dei primi ad avere il coraggio di percorrere una strada che era, a quel tempo, ancora meno di una “nicchia”, con grandi sacrifici suoi e della zia. Quella strada che decise poi di far percorrere anche a me, fidandosi e affidandomi clienti che curava da “una vita”. Mi ha insegnato l’importanza del nostro “ruolo”, non perché essere “laureati” ci faccia “superiori”, ma per trasmettermi quel senso di autorevolezza da avere in un ambito che per qualcuno resta ancora “moduli da far compilare al consulente”.

Aveva un’attenzione particolare per le persone con cui lavorava, considerazione affettuosa, quasi da padre (i famosi sacchetti di liquirizia in regalo dalle vacanze, con mia zia che, a fronte del mio sguardo perplesso, diceva “Fa sempre così!”)… E un’apprezzabile capacità (non da tutti) di dividere la sua vita lavorativa dalla sua vita privata.

Lui ci faceva ridere, raccontando le sue avventure. A volte le ripeteva, ma si rideva sempre, anche con le lacrime. Al mare, in vacanza, lasciava me e la zia partire per la passeggiata pomeridiana; Lui scendeva in spiaggia sul tardi dopo il “riposino” pomeridiano, raggiungendoci di corsa (negli ultimi 50 metri, ovviamente). Fingeva di avere corso dal Lido a lì, con la zia che scuoteva la testa, con quello sguardo in cui leggi un’infinità di Amore… e si rideva.

Ricordandoti così. Buon compleanno Zio. Con tutto il mio Amore.

Alla fine ciò che conta non sono gli anni della tua vita, ma la vita che metti in quegli anni”. (Abraham Lincoln)

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